Caro Professor Monti,

le dispiace se non la chiamo Presidente? Ebbene, anche se le dispiacesse non potrei farci nulla, non me la sento di chiama “Presidente” qualcuno che non mi rappresenta, qualcuno che ha perso quel briciolo di stima che provavo nei suoi confronti.

Sa, Professore, sono stata una delle povere illuse che ha creduto nel cambiamento, una delle sciocche che ha sperato in un colpo di rinnovamento che avrebbe portato a quella fantomatica pagina bianca che stiamo aspettando da anni. Ho sperato che fosse qualcosa di diverso dal solito politicante che si riempie di belle parole la bocca e le tasche con il nostro futuro. Ci ho creduto e ho sostenuto che un professore con la sua esperienza e la sua conoscenza dell’economica – nonché della politica internazionale – avrebbe potuto darci quel poco di tempo di cui avevamo bisogno per prendere una boccata d’aria e non morire asfissiati dalle pressioni internazionali.


Non le mentirò, non sono una di voi quindi può credermi sulla parola,  non ho creduto nemmeno per un istante che avrebbe potuto fare qualcosa di concreto, ho puntato tutto sulla sua immagine che avrebbe rassicurato quei quattro Grandi Capi esteri che avevano deciso di sfruttarci come… monito? Capo espiatorio?  Dio solo lo sa, ma di fatto ho creduto che tutto quello che avrei ottenuto dalla sua presidenza come Capo del Governo tecnico Italiano fosse un po’ di sacro tempo. E qualche riforma strutturale istituzionale, visto che c’eravamo, visto che non doveva rendere conto di nessuna maggioranza, corpo elettorale o accordo sottobanco.

Invece è stato un fallimento, come uomo e come politico. Che tristezza.
Il tempo che avevo agognato non c’è, anzi se possibile avete stretto ancora una volta la corda che abbiamo intorno al collo e sparato un altro colpo a quel treppiedi che è la nostra economica, l’unica cosa a cui ci stiamo appoggiando, in punta di piedi, pur di non finire impiccati con questa fune di debiti che avete contratto, sì tutti voi, per 50 anni. Il treppiedi è ancora più malconcio di prima e noi ancora più in apnea, bel lavoro. Complimenti. Se non fossi la persona civile che sono mi limiterei a mettervi in fila contro un muro e a sputarvi, ma sono una persona civile – anche se sadica – e mi limito a sopravvivere e ad aspettare che la bomba ad orologeria che avete innescato, che io chiamo Società, vi esploda in faccia. Ci scapperà qualche morto e molta disperazione ma, se è vero che esiste un Dio, in questa vita o nell’altra, mi godrò lo spettacolo di vedervi in ginocchio.

Tornando a toni più miti e civili, vorrei puntare la sua attenzione sul particolare che ha innescato la mia rabbia. La frase infelice che ha vanificato tutti gli sforzi che stiamo facendo, giorno dopo giorno, per ingoiare le vostre buffonate, le vostre false promesse e tutto il resto del denigrante teatrino che avete messo in piedi travestendovi da “Salvatori”, quando invece state, ancora una volta, salvando solo i vostri interessi. E di culi. Dopotutto se lo dicono in televisione perché non dovrei dirlo io?

Lei dice che “il posto fisso è monotono”, che “i giovani dovrebbero rassegnarsi che non esiste più il posto fisso”, “è bello cambiare…” e tante belle parole che sono fatte solamente per innescare una rivolta. Dette da una persona ignorante magari potrei scusarle, scrollare le spalle e andare avanti, ma dette da una persona del suo calibro mi vien voglia solamente di farle male. Tanto. E che non si sorprenda se oggi o un domani qualcuno le farà saltare la sedia –  il SUO posto fisso -, possibilmente con lei sopra. A quel punto non potrà certo dire di non aver apprezzato il “cambiamento”.

Le sue frasi sono state leggere, offensive, ignoranti, denigranti e frivole al limite dell’idiozia. E, mi creda nuovamente, glielo dico con tutto il cuore.
Il paese che è stato chiamato a governare sta affrontando una crisi economica quasi senza precedenti, i giovani fuggono in massa fuori da questa Italia ormai ridotta ad uno scarpone privo di suola, la gente è povera, le mamme vanno alla Caritas per fare la spesa, i giovani/adulti sono senza lavoro e lei si mette a dire certe idiozie? Ma stiamo scherzando?

Mi ero illusa che sapesse qualcosa del mondo ma, come al solito, ci troviamo davanti un accademico che non è mai andato a fare un briciolo di spesa al mercato, che non sa che significa pagare le bollette, che non ha idea di cosa significhi fa quadrare i conti e cosa vuol dire andare in farmacia. Sa cosa vuol dire? Scegliere se pagare le medicine o fare la spesa del giorno, quando si è fortunati perché di questi tempi c’è chi non ce l’ha neanche questa fantomatica scelta.

Vuole sapere cosa è noioso? Voi, tutti voi, siete noiosi. È noioso sentirci ripetere da mesi che dobbiamo fare sacrifici, stringere la cinghia ed ascoltare con un sorriso di ironica rassegnazione le false promesse di tagli istituzionali “seri” che non arriveranno mai. È noioso sentirci dare dei bamboccioni e fanulloni da chi gioca con l’Ipad o si legge riviste online pornografiche mentre invece dovrebbe governare un paese alla deriva. È noioso, denigrante, demotivante doversi alzare ogni mattina – con caldo, pioggia, neve, gelo – e andare a guadagnarsi una pagnotta che per ¾ verrà fagocitata dalle casse di uno Stato che mi fa portare le stufette da casa per avere un po’ di caldo in ospedale, che fa dormire una mamma su una sedia tutte le notti che passa ad accudire il proprio bambino, che ti rimanda a casa gli anziani perché non hanno posti letto e ti dicono “Se siamo fortunati passerà la notte”. Se siamo fortunati? Ma cosa siamo diventati? Topi da laboratorio?

E tagliamo sull’istruzione perché tanto a voi serve gente ignorante da poter comandare meglio, e tagliamo sui trasporti, tagliamo sulla ricerca e sviluppo, tagliamo sulle pensioni inesistenti di persone che VI HANNO MANTENUTO per tutta la loro vita con il sudore delle loro fronti e ai quali dovreste solo che portare rispetto. E tagliamo, tagliamo e tagliamo. E poi? Cosa dobbiamo sentire? Politici indignati perché gli andiamo a toccare i loro privilegi?

Ma cosa siete, voi, per aver diritto a questi privilegi? Chi siete? Chi vi credete di essere? Con quale coraggio venite qua, a pretendere, quando non siete niente più che alla stregua dei parassiti sociali che tanto osteggiate nelle “pubblicità progresso” contro gli evasori?  Cosa credete di fare in “più” di un operaio che cammina in equilibrio sulle impalcature ogni giorno della sua vita? Di un camionista che è su strada ogni notte? Di un pompiere che mette in gioco la sua vita per salvare quelle degli altri?
Solo perché avete studiato di più? DIN DON, notizia dell’ultima ora, non siete gli unici ad avere 30 anni di studio sulle spalle e se tutti gli studenti fossero destinati ad essere politici… Sarebbe una bella fregatura per voi, vero?

Mio caro Professore, mi chiedo, ma con quale coraggio esce di casa, assieme ai suoi illustrissimi colleghi, tutti senza distinzione di parte, e prende decisioni che sa perfettamente  andranno a distruggere altre famiglie, lavoratori, imprenditori, anziani e bambini?

Se il piatto fosse ormai irrimediabilmente vuoto sarebbe un dovere, di noi tutti, spaccarci la schiena per riempirlo ma, quando il piatto è in realtà solo bucato per far finire tutto ciò che ci accumuliamo nelle vostre tasche allora, mi spiace, ma sa dove può ficcarseli i suoi tanto doverosi “sacrifici”? Bene, visto che è una persona intelligente suppongo che avrà compreso senza troppi giri di parole.

Basterebbe una vera ed onesta riforma istituzionale e mandare a casa un terzo dei nullafacenti che si sono ancorati a quelle sedie, ma che cosa dico! Basterebbe rimuovere tutti i vostri maledetti privilegi per mandare avanti mezza Italia e lei, in tutta coscienza, ha coraggio di dire a noi – i vostri cittadini, quelli che avete preso l’impegno di guidare! – di fare altri sacrifici?

Voi che spendete e sperperate soldi per mandare le vostre domestiche a fare la spesa, voi che predicate e poi andate alle Maldive a fare vacanze che sono a NOSTRE spese, voi… Che siete così carichi e grassi di tutto il denaro che ci state rubando giorno dopo giorno che fate solamente venire voglia di impugnare le armi a dar fuoco a tutto Montecitorio e vedervi bruciare sulle poltrone che tanto egoisticamente stringete sotto di voi. Sì, bruciare, e possibilmente anche sentirvi urlare pietà se non è troppo disturbo.

Mi chiedo, ma non vi vergognate neanche un po’?
Lei mi parla di “voglia di cambiare”? E voi? Quando deciderete a togliervi dalle scatole e lascerete il posto alle nuove leve che, sono sicura, peggio di voi sicuramente non potranno fare neanche se si impegnano. Quando vi deciderete che avrete spremuto abbastanza? Quando inizierete ad avere un po’ di pudore?

Noi, nel frattempo, siamo qua a 20, 30, 40 e 50 anni a cercare lavoro per mantenere quei figli che ci dite di fare – perché siamo un paese troppo vecchio! – ma che con l’incertezza di un lavoro che non sappiamo se avremo ancora il mese prossimo non possiamo proprio mettere al mondo. Perché noi, a differenza vostra, non siamo persone incoscienti.

Noi che siamo obbligati a studiare da un sistema che ti annienta se non sei almeno laureato con 3 master e 5 dottorati, ma che poi ti giudica troppo vecchia per entrare nel mondo del lavoro.
E prima siamo troppo giovani e privi di esperienza, nonché titolo di studio. Ci spingiamo oltre il limite della sopportazione, carichi di speranza, investendo milioni su milioni di euro per un istruzione pubblica universitaria che è semplicemente imbarazzante a livello internazionale, e poi ci sentiamo rispondere che siamo troppo vecchi e, seppur in possesso di un titolo di studio adeguato, non abbiamo esperienza sufficiente. E finiamo a servire Big Mac, a rispondere ai Call Center, a consegnare volantini… e a sentirci chiamare bamboccioni.

Quindi cosa abbiamo qua, Signor Professore? Un’Italia completamente alla deriva, la culla della cultura ormai alla stregua di uno spauracchio carico di inutili nozioni del passato e privi di concreto formativo, un sistema sanitario ormai completamente  in mano alla Mafia (che viene mantenuta da voi politici e viceversa), un sistema trasporti che ancora si regge sulle riforme fatte da Mussolini, beni nazionali che potrebbe fruttare milioni tenuti alla stregua dei giardinetti di palazzine di periferia, disoccupazione, mortificazione, tasse che si divorano il 60% delle nostre entrate, una casta politica che da sola divora 1/5 delle entrate statali e una credibilità nazionale che è equiparata a quella dei paesi in via di sviluppo.

Noi, che l’economia mondiale abbiamo contribuito a “crearla” quando in altre zone ancora non sapevano tenere nemmeno in mano un pennino da inchiostro. Ma ci rendiamo conto? Vi rendete conto a chi e per cosa ci state chiedendo ALTRI SACRIFICI?

E lei, Illustrissimo Professore di quel fantastico mondo illusorio che è convinto di conoscere, si rende conto della gravità di ciò che ha detto? Di quanto irrispettoso sia stato? Di quale grado di biasimo si merita?

Come ho già detto ci stiamo sforzando di tenere il capo chino e di accettare le medicine amare che, dice Lei, ci servono per sanare questo fantomatico Debito Pubblico che l’Europa – che VOI, e quelli come voi, ebbri di idealismi, avete voluto costruire in barba ai reali limiti che questo folle piano suicida e delle inevitabili ripercussioni – vuole vederci sanare al più presto; ma non prendeteci per i fondelli.


Non faccia dell’ironia spicciola, non ci prenda in giro e non getti altra benzina sul fuoco perché, se ancora non ve ne siete accorti ve lo rivelo io con tutta chiarezza, siamo vicini al limite e quanto un popolo è al limite succedono cose brutte, molto brutte. E non sarà un richiamo alla “civiltà” che calmeranno le acque, una volta che la miccia sarà accesa.

Iniziate a vivere come noi, fate i nostri sacrifici, vivete le nostre battaglie, fronteggiate i nostri nemici e poi, alla fine, forse potrete mettervi attorno ad un tavolo e rimettere in piedi l’Italia, o almeno provarci. Se non sarà troppo tardi.

Solo quando comprenderete la realtà che state manipolando con le vostre leggine da quattro soldi potrete definirvi rappresentati di un popolo, fino ad allora non sarete niente altro che parassiti.

In fede
Debora M.
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